“Le Api del Marchese”: Un viaggio tra miele, storia e la dolce intelligenza della natura.

Ottobre 16, 2025
di Luigi Sances

Ottobre 2025 – La delegazione Wine Food Voyage scopre il mondo segreto dell’apicoltura biologica salentina

Ci sono mattinate che cambiano il modo in cui guardi il mondo. E questa era una di quelle. Mentre la delegazione della APS Wine Food Voyage lasciava dietro di sé il caos urbano e si addentrava nelle campagne di Lizzanello, il ronzio che si avvertiva non era più quello del traffico, ma qualcosa di infinitamente più ordinato: il ronzio delle api.

Ad aspettarci, tra uliveti in sofferenza e radure fiorite che profumavano di medio autunno, c’erano “Le Api del Marchese”: non un’azienda qualsiasi, ma un piccolo universo di biodiversità dove Paolo Marchese e le sue api scrivono quotidianamente una storia di equilibrio perfetto.

Quando il Miele Diventa Biologico

Prima di tutto, una domanda legittima che tutti ci siamo posti almeno una volta: ma il miele non è già, di per sé, un prodotto naturale?

Tecnicamente sì. Ma qui entra in gioco il concetto di miele biologico, che è tutt’altra cosa.

Biologico significa niente pesticidi, niente antibiotici, niente zuccheri aggiunti. Significa che le api hanno bottinato fiori che non provengono da campi avvelenati di glifosati. Significa che Paolo rispetta i ritmi dell’alveare senza forzare la produzione, senza rubare alle api più del necessario, senza snaturare una perfezione già esistente.

In altre parole: è il modo più puro di non rovinare una cosa perfetta. Un’arte che, lo ammettiamo, l’uomo ha quasi perso!

La Geometria Sacra delle Celle Esagonali

Entriamo nell’azienda agricola, un podere circondato da un recente muro a secco — costruito con la stessa pazienza millenaria che ha segnato questi territori — e da un fabbricato che accoglie il laboratorio di “Le Api del Marchese”. L’apiario risulta disposto in maniera ordinata su due file. Paolo apre una prima arnia e ci mostra un favo. E qui inizia il racconto di una geometria che non è casuale, ma è puro calcolo biologico.

Prima ci mostra la cella reale — uno scrigno perfettamente sferico, riservato alla futura regina. La sfera è il simbolo dell’origine, della completezza, della vita che si rinnova. Quando una nuova regina nasce, quella battaglia non è solo biologica: è simbologia pura.

Le celle costruite dalle api sono esagonali.

Non è uno sgarbo estetico della natura, né un capriccio di design. È pura economia geometrica: massimo volume, minimo spreco di cera, nessuno spazio vuoto. Se uno studente di ingegneria proponesse questa soluzione, gli darebbero una lode. La natura l’ha scoperta qualche milione di anni prima, senza correzioni.

I fuchi, invece? Vivono in celle più grandi — veri e propri monolocali di lusso. Fino a quando le api operaie, finite le loro funzioni riproduttive, li sfrattano (e li sopprimono) senza esitazione alcuna. Madre Natura, si sa, non ha tempo per i mantenuti.

Da Cleopatra alle Piramidi: le Api simbolo di regalità e ordine

Nell’antico Egitto, le api e il miele erano di fondamentale importanza. Il miele non era solo un dolcificante, ma anche un medicamento, un conservante e un ingrediente per unguenti e cosmetici. L’ape era un simbolo potente: era l’emblema del Basso Egitto, rappresentando la fertilità, l’ordine e la laboriosità. I faraoni stessi erano talvolta raffigurati con l’ape, a simboleggiare la loro autorità e il loro ruolo nel mantenere l’equilibrio del regno.

Qui la storia diventa affascinante.

Gli antichi Egizi osservavano le api con una reverenza che non era casuale. Le consideravano simbolo del potere del faraone, ma soprattutto maestre di organizzazione e controllo termico.

Le api sanno fare qualcosa che noi ancora cerchiamo di capire: riescono a mantenere la temperatura interna dell’alveare a circa 35°C, indipendentemente da quanto sia torrido fuori. Come?

Con una coreografia termica perfetta: si posizionano all’ingresso e ventilano con le ali, creando un flusso d’aria che espelle il calore. Altre raccolgono goccioline d’acqua e le spargono dentro l’alveare. L’evaporazione raffredda come un condizionatore biologico. Quando fa freddo, si ammassano in un grappolo compatto e vibrano i muscoli del volo, generando calore senza muoversi.

È termoregolazione collettiva. È cooperazione perfetta.

Forse — e qui gli storici lo sussurrano — da questa osservazione nacque l’idea di come mantenere costante la temperatura interna delle piramidi. E anche l’organizzazione delle squadre di schiavi, coordinate come api operaie sotto l’occhio del faraone-regina, non è poi così lontana da quella dell’alveare.

E Cleopatra? Beh, oltre ai famosi bagni in latte e miele — che usava per la pelle — pare che ne facesse usi più… sensoriali e di trastullo. Dopotutto, come il miele, anche la seduzione è questione di equilibrio tra dolcezza e potere.

La Danza, le Bottinatrici e le Regine che non condividono il Trono

All’interno dell’alveare regna una società straordinariamente complessa.

Le api bottinatrici volano per chilometri alla ricerca di fiori. Tornate all’alveare, danzano — letteralmente. Questa “danza delle api” comunica direzione, distanza e qualità del nettare trovato. È un linguaggio geometrico, matematico, perfetto.

Le regine, invece, non amano la compagnia. Non sanno cosa sia la diplomazia. Quando una nuova regina nasce, la battaglia è inevitabile. Solo una può regnare.

Il Corteo dello Sciame

Ma prima che la battaglia finale avvenga, può verificarsi uno dei fenomeni più spettacolari della natura: la sciamatura.

La sciamatura si verifica solo quando la famiglia è florida ed è in grado di superare le dure prove della ricostruzione. L’esodo non avviene all’improvviso: alcuni giorni prima, la regina si muove agitata emettendo un suono particolare e le api che la seguiranno emettono anch’esse un ronzio che fa eco all’inno regale.

Lo sciame che lascia l’alveare è composto da un gruppo più o meno grande di api operaie, con una piccola quantità di fuchi, e naturalmente l’ape regina. Le api che compongono questo sciame, di 12-18 giorni d’età, hanno le ghiandole della cera funzionanti e possono quindi costruire i favi della nuova casa.

Migliaia di api che si alzano in volo formando una nuvola danzante, seguendo la vecchia regina verso un nuovo inizio. La sciamatura avviene normalmente nelle ore centrali di una giornata di sole con temperatura calda. Lo sciame si posa temporaneamente su un ramo, formando un grappolo vibrante, mentre le api esploratrici cercano la nuova dimora perfetta.

È la legge della selezione naturale, ma è anche una metafora cristallina del potere: dolce all’esterno, feroce nella sostanza.

Non male come lezione per chi governa, no?

Tre Mieli, Tre Mondi: La Degustazione

Tornati al tavolo, Paolo ci presenta i protagonisti del giorno.

Tre vasetti. Tre storie. Tre sapori che raccontano il territorio salentino e pugliese con la precisione di una mappa sensoriale.

Miele di Fieno Greco: La Rarità Avvolgente

Il primo assaggio è riservato a una rarità.

Il fieno greco (Trigonella foenum graecum) è una pianta della famiglia delle Fabaceae, nota per proprietà ricostituenti, ipocolesterolemizzanti, mucolitiche e antinfiammatorie. Paolo ce la racconta mentre il miele arriva al nostro palato.

Al naso: emerge un profumo speziato e leggermente caramellato, con note che ricordano il fieno essiccato e sentori vegetali caldi.

In bocca: la consistenza è densa e avvolgente, con una dolcezza particolarmente intensa che non risulta mai stucchevole. Il retrogusto lascia una sensazione calda, quasi balsamica. È il sapore della ricchezza botanica, del rispetto dei cicli naturali.

Paolo spiega che il fieno greco fiorisce tra la primavera e l’inizio dell’estate, tingendo di giallo i campi del Salento. Le api lo visitano con entusiasmo, attratte dal nettare abbondante. Questo miele ha ricevuto la Goccia d’Oro al Concorso Nazionale Grandi Mieli d’Italia — un riconoscimento che parla da solo.

Perfetto da gustare al cucchiaio, interessante per accompagnare formaggi freschi di capra, straordinario su pane integrale tostato.

Miele di Coriandolo: La Sorpresa Speziata

Passiamo al secondo vasetto, riservato al miele più particolare.

Il coriandolo è una pianta recentemente coltivata in Italia, e Paolo ha trovato nella Daunia il territorio ideale per le sue api durante la fioritura estiva. Il risultato è un miele che racconta la biodiversità pugliese in modo sorprendente.

Colore: dorato che tende all’arancio quando liquido, più chiaro durante la cristallizzazione.

Al naso: emerge immediatamente la componente speziata — sentori che ricordano il coriandolo in grani ma più delicati, con note calde e leggermente pepate. C’è una complessità inaspettata, con richiami che vanno dal muschiato al legnoso, quasi di agrume.

In bocca: la dolcezza è moderata, bilanciata da una piccantezza gentile che pizzica appena il palato senza aggredirlo. La texture è cremosa, quasi burrosa quando cristallizzato. Il finale è persistente, con un retrogusto speziato che invita a un altro assaggio.

Paolo ci racconta le proprietà: ricco di antiossidanti, antibatterico, stimola il sistema immunitario. Aiuta la digestione, è ricco di ferro, rame e manganese, stimola la memoria, abbassa il colesterolo cattivo… e — qui sorride — è anche noto come “il miele maschile” per le sue proprietà ricostituenti.

Abbinamenti audaci: pecorino stagionato, gorgonzola piccante, lardo di Colonnata, carni bianche, verdure al forno glassate. O semplicemente in tè e infusi.

Miele di Agrumi: La Freschezza Mediterranea

L’ultimo assaggio è dedicato probabilmente al miele più emblematico del Mediterraneo.

Il colore è giallo paglierino, quasi trasparente quando liquido, tendente al bianco avorio nella cristallizzazione. Al naso? Inconfondibile: il profumo dei fiori di arancio, limone e mandarino si libera immediatamente, evocando i giardini agrumati che punteggiano il paesaggio salentino tra febbraio e aprile.

In bocca la dolcezza è equilibrata, mai eccessiva. C’è una freschezza agrumata che pulisce il palato, accompagnata da note floreali dominanti e un leggero sentore fruttato. Una punta quasi impercettibile di acidità conferisce vivacità all’insieme. La consistenza è fluida, setosa.

Questo è il miele della versatilità: perfetto per dolcificare tisane senza coprirne i sapori, ideale su yogurt bianco, eccellente per marinare carni bianche. Paolo consiglia di assaggiarlo con una goccia di limone spremuto per esaltarne la complessità aromatica. È un trucco che funziona.

Ma qui Paolo diventa nostalgico e ci racconta qualcosa di più profondo, radicato nella memoria collettiva salentina: il miele di agrumi è il protagonista segreto dei purceddhruzzi.

I Purceddhruzzi: Quando la Storia incontra il Miele

I purceddhruzzi sono tra i dolci tradizionali pugliesi tipici del Natale, con origini antichissime che risalgono al Medioevo, quando le ricette si tramandavano oralmente di nonna in nonna. Il loro nome allude alla forma simpatica, simile a dei porcellini — piccoli bocconcini di pasta fritta ricoperti con miele e confettini colorati.

Sebbene ricordino gli struffoli napoletani, la ricetta originale dei purceddhruzzi pugliesi non contempla l’uso di uova. L’ingrediente sorpresa? L’olio extra vergine d’oliva aromatizzato con le bucce di agrumi (limoni, mandarini o arance), che rende il dolce speziato e particolarmente friabile.

E qui entra in scena il miele di agrumi di Paolo.

Una volta fritti, i purceddhruzzi sono conditi con miele, anesini, pinoli e mandorle tostate. Ma il miele non è un semplice collante dolce: è il filo conduttore che unisce la pasta fritta alle decorazioni, la storia alle mani che la preparano, la tradizione al palato che la degusta.

Il miele di agrumi, con la sua freschezza e la sua delicatezza, non copre i sapori complessi della ricetta — l’anice, i pinoli, le mandorle tostate, la speziatura dell’olio aromatizzato. Al contrario, li esalta. Li mette in dialogo. È come aggiungere una firma luminosa a un’opera d’arte già perfetta.

Paolo sorride e dice: “Ogni famiglia prepara i purceddhruzzi a modo proprio. Ma se vuoi fare quelli che la nonna ti avrebbe fatto — usa il miele di agrumi. È il sapore della festa.”

Altre Specialità dalle Api

Ma le api di Paolo non si fermano ai mieli monoflora. C’è un intero universo di prodotti che merita di essere scoperto.

Miele Millefiori Estivo: Il Canto della Città

Un vasetto particolare attira la nostra attenzione: il miele millefiori estivo a base di tiglio, rovo e melata. Sorprendentemente, questo miele non proviene dalle campagne di Lizzanello, ma dalle piante nel centro urbano di Lecce.

Il colore è ambrato, più scuro dei monoflora primaverili. Al naso emergono note balsamiche del tiglio, accompagnate dalla dolcezza fruttata del rovo e dalla complessità quasi caramellata della melata. In bocca è avvolgente, con una dolcezza piena ma mai stucchevole, e un finale persistente che ricorda il miele di bosco.

È la dimostrazione vivente di ciò che Paolo ci racconta sul paradosso dei fiori urbani: le api metropolitane, paradossalmente, vivono più sane delle loro sorelle di campagna perché nei centri urbani l’uso di pesticidi è drasticamente minore rispetto all’agricoltura intensiva.

Perfetto per dolcificare infusi serali, accompagnare formaggi erborinati, o semplicemente gustato al cucchiaio prima di dormire.

Il Paradosso dei Fiori Urbani

È proprio questo miele millefiori urbano che ci introduce a un fatto paradossale, raccontato da Paolo con un misto di ironia e amarezza: i fiori delle città spesso contengono meno residui tossici di quelli di campagna.

Nei centri urbani, l’uso di pesticidi e glifosati è molto minore. Mentre in agricoltura intensiva? È il Far West chimico. Le api che bottinano nei parchi cittadini di Lecce, tra tigli e rovi, producono un miele più pulito di quello che potrebbero raccogliere in certi campi agricoli trattati intensivamente.

Paradossalmente, quindi, le api metropolitane vivono più sane delle loro sorelle campagnole.

È un monito potente su quanto la nostra agricoltura abbia da imparare dalla natura stessa. E anche dai nostri errori. Paolo lo dice con amarezza: “Le api ci stanno mostrando la strada. Staremo a vedere se avremo l’intelligenza di seguirla.”

Polline: Il Superfood dell’Alveare

Paolo ci mostra poi i granuli di polline — piccole sfere colorate che vanno dal giallo al rosso arancio, a seconda delle fioriture visitate.

Il polline è più ricco in proteine rispetto a qualsiasi fonte animale come carne e uova, contenendo circa il 35% di glucidi e presentando tutti gli aminoacidi essenziali. È un vero e proprio multivitaminico naturale: un cucchiaio di polline copre il fabbisogno vitaminico quotidiano di una persona (tranne le vitamine F e B4).

Proprietà terapeutiche: ricco di antiossidanti, combatte i radicali liberi, rafforza le difese immunitarie, stimola l’attività cerebrale migliorando concentrazione e memoria, regolarizza le funzioni intestinali, combatte la caduta dei capelli.

Come si utilizza: Il polline andrebbe consumato a digiuno, per esempio prima della colazione o comunque lontano dai pasti. Può essere consumato da solo, accompagnato da una bevanda calda oppure da un cucchiaino di miele. La dose giornaliera è di circa un cucchiaino, da masticare bene o sciogliere sotto la lingua.

Abbinamenti: Perfetto su yogurt bianco, cereali a colazione, frullati, insalate fresche. Alcuni lo aggiungono al gelato per un tocco croccante e nutriente.

Controindicazioni: Evitare in caso di allergie al polline o ai prodotti dell’alveare.

Pappa Reale: Il Latte delle Regine

La pappa reale è il nutrimento esclusivo della regina, che le permette di vivere fino a 40 volte più a lungo delle operaie. Potente ricostituente ricco di vitamine del gruppo B, stimola il sistema immunitario e migliora memoria e concentrazione. Si assume sotto la lingua a digiuno (1g al giorno), ideale nei cambi stagione. Sconsigliata a chi soffre di asma o allergie ai prodotti dell’alveare.

Propoli: L’Antibiotico Naturale

Sostanza resinosa con cui le api proteggono l’alveare, la propoli ha potenti proprietà antibatteriche e antivirali. Ottima per mal di gola, tosse e afte. Si usa in spray, tintura madre o tavolette. Può causare reazioni allergiche, sconsigliata in gravidanza.

Veleno d’Api: Il Botox Naturale

L’apitossina viene estratta delicatamente senza danneggiare le api. Usata in apiterapia per dolori articolari e artrite, in cosmetica è il “botox naturale” che stimola collagene ed elastina. Controindicato per chi è allergico alle punture di api.

Il Rituale della Degustazione: Come si Assaggia Davvero

Durante la degustazione, Paolo ci guida nel metodo corretto. Questo non è snobismo, ma rispetto per il prodotto.

Sorsi di acqua naturale tra un miele e l’altro per resettare il palato. Attenzione alle sensazioni retro-olfattive: chiudete la bocca, respirate dal naso dopo aver deglutito. Osservate il colore controluce. Verificate la consistenza sulla lingua.

Ci spiega come ogni miele racconti non solo una fioritura, ma anche un momento dell’anno, una condizione climatica, un territorio specifico. Il miele di fieno greco arriva dalla tarda primavera. Quello di agrumi dalle prime fioriture di febbraio-marzo. Il coriandolo dall’estate piena, quando il caldo intensifica i profumi.

È meno degustazione, più archeologia del gusto.

Conclusione: La Lezione delle Api

Visitare “Le Api del Marchese” è una lezione di filosofia naturale che si insinua dolcemente nel palato e nella mente. Le api ci insegnano che la perfezione nasce dall’armonia, non dal dominio. Che l’efficienza non è questione di sfruttamento intensivo, ma di equilibrio sostenibile.

Nell’ultima stretta di mano, Paolo ci lascia con un pensiero: “Le api esistevano molto prima di noi e, se non cambiamo rotta, esisteranno molto dopo. Loro non hanno bisogno di noi. Noi, invece, abbiamo disperatamente bisogno di loro.”

È una verità scomoda, pronunciata con un sorriso. Ma è anche un invito all’azione: ogni barattolo di miele biologico che scegliamo è un voto per un futuro possibile. Basta avere l’umiltà di ascoltare.

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